Imparare a cambiare (anche con il respiro)

Imparare a cambiare (anche con il respiro)

In un mondo in continuo mutamento l’unica cosa che non cambia è l’umana resistenza al cambiamento. Cambiare è la cosa più difficile al mondo: determina diffidenza, chiamando in causa l’autostima, e la paura dell’incerto si lega a quella del fallimento. Ma se è così faticoso cambiare perché porsi il problema di farlo?

In uno studio Carol Dweck, psicologa di Stanford, ha identificato due tipi di persone. «La prima è contraddistinta dalla mentalità statica. Sono persone che ragionano per bianco e nero, giudicanti in modo definitivo, convinte che sia impossibile passare da una situazione all’altra e la loro domanda ricorreste è: “Perché è successo a me?”. Le persone del secondo tipo hanno, invece, una mentalità di crescita, sono capaci di adattarsi, hanno capito che cambiare idea su qualcosa può trasformarle. Un concetto, quest’ultimo, assodato nelle neuroscienze, soprattutto per la gestione dello stress e delle nostre emozioni. Ecco perché vale la pena provare a cambiare», esordisce Mike Marić medico specialista in Ortognatodonzia e professore all’Università di Pavia, campione mondiale di apnea, oggi allenatore, tecnico europeo di 4° livello CONI e autore del nuovo libro Se respiro posso (ROI Edizioni).

La grande competizione con se stessi

«La vita, appassionante e a volte durissima, ci invita ogni giorno a evolvere. Allenarsi a cambiare significa riuscire a vincere e a gestire al meglio le piccole e grandi sfide quotidiane, le stesse che possono sopraffarci se siamo impreparati». Insomma, la più grande competizione è con noi stessi.
«Gli individui di successo, intendono per successo l’essere più forti, sereni, grati e appagati, hanno amore per sé e per quello che fanno, conoscono i propri bisogni perché sanno ascoltarsi, sono costanti nel replicare le stesse azioni nel tempo perché hanno un desiderio autentico da perseguire, una forte motivazione», prosegue l’esperto che nel suo libro accompagna il lettore in un viaggio interiore per capire come sia possibile migliorarsi traducendo ciò che ci succede nell’opportunità di prendere in mano la propria vita.

Le fasi delle “4D”

«Per riuscire a cambiare davvero credo sia necessario attraversare quattro fasi che chiamo “le 4 D”. Desiderio: è la fiamma che ti nasce dentro, dai tuoi bisogni, dalla tua chiarezza di intenti. Decisione: decidere significa anche recidere, quindi essere in grado di prendere una strada, evitarne un’altra e capire cosa fare per raggiungere il tuo obiettivo. Disciplina: è la capacità di affrontare lo sforzo necessario per raggiungere un obiettivo dandosi regole e rispettandole. Maggiore è la motivazione, più semplice sarà disciplinarsi. Determinazione: è la capacità di mantenere la rotta, significa sapere dove si sta andando e conoscere le azioni necessarie per arrivarci e soprattutto significa non mollare a prescindere delle circostanze. Sono le nostre abitudini a definire il modo in cui affrontiamo la vita e le sue sfide.»

Leggi l’articolo completo sul Corriere della Sera

«Io turbolenta in amore? Ho avuto solo 4 o 5 uomini. A Pozzecco ho salvato la vita»

Pubblichiamo l’estratto dell’intervista a Maurizia Cacciatori sul Corriere della Sera, a cura di Flavio Vanetti. Per ROI Edizioni Maurizia Cacciatori ha scritto Senza rete, di cui lei dice “Qui c’è il mio profumo”.

Maurizia Cacciatori, con una donna non si dovrebbe mai parlare di età. Ma nel suo caso, nel 2023, è in arrivo una certa scadenza…

«I cinquant’anni, intendete? Non ci penso. Ho sempre dichiarato con serenità la mia età: non ho paura del tempo che passa, temo di più come lo seguo. Si avvicinino pure i 50: sono orgogliosa e realizzata. Con il volley ho smesso a 33 anni, la vita è fatta di cicli e io volevo una famiglia».

Ora è speaker motivazionale e parla alla platea delle aziende.

«La mia è la storia di chi ci prova, ci mette la faccia, cade e si rialza. Le aziende dovrebbero essere dei team straordinari: molte volte lo sono, tante no. Quindi affronto temi come leadership, valore del gruppo, gestione dei cambiamenti».

Lei ha detto: «Le coppe si vincono in allenamento».

«E si ritirano in gara. Quello che ho conquistato l’ho vinto giorno dopo giorno, partendo dal lunedì e meritandomi il posto in squadra».

Maurizia Cacciatori e Francesca Piccinini, simboli di un’era del volley. Chi è stata più iconica?

«Non saprei. Francesca ha giocato più a lungo di me, però io sono arrivata prima: l’ho vista diventare una donna. Ero una sorella maggiore? Sono stata una compagna che ha aiutato una giovane a inserirsi. Poi lei è stata straordinaria».

Mai uno screzio tra di voi?

«Mai, a parte le discussioni su qualche giocata: ciascuna aveva il suo mondo. Se dovessi indicare con chi non andavo d’accordo, farei una lista lunga. Ma la “Franci” non c’è. Ho avuto una compagna discreta e dai bei modi, mi è piaciuta come persona e ancora oggi ci sentiamo».

Francesca nel 2002 ha vinto un Mondiale dal quale lei è stata esclusa. Ha perdonato Marco Bonitta, il c. t. che non la volle?

«Ora lo ringrazio. Vedevo tutto con occhi diversi: andavo agli Europei, ai Mondiali, ai Giochi, mai ero in discussione. Quando fui lasciata a casa, in modo inatteso, ho capito che si è in equilibrio tra momenti esaltanti e cadute».

Le piacerebbe essere nella Nazionale di oggi?

«Poco. Primo: è il momento di queste ragazze, se lo godano. Secondo: penso alla famiglia e a quello che devo fare. Però invidio la palleggiatrice che alza per giocatrici di talento immenso».

«Vi indico la strada della felicità»

Un’intervista che ci racconta chi è oggi Walter Nudo, autore di La vita accade per te, e cosa significa per lui la felicità. Pubblichiamo un’intervista di Francesca D’Angelo, da Libero Quotidiano.

Questa intervista parte da una domanda semplice: «Chi è oggi Walter Nudo?». Che però tanto semplice non è. L’indimenticato Re dei Reality (ha vinto sia L’Isola dei Famosi che il Grande Fratello Vip) ha abdicato al proprio trono e sta vivendo un nuovo capitolo della sua vita. Dopo essere stato uno spogliarellista, un pilota, un pugile, un attore e un personaggio televisivo, Walter Nudo si è allontanato dalla tv e ha scoperto la propria natura, come racconta nel libro La vita accade per te, (ROI Edizioni).

Chi è oggi Walter Nudo?
In passato sono stato un ricercatore e alla fine del mio girovagare ho scoperto che tutto quello che cercavo era già lì davanti a me. Oggi ho capito la mia vera natura: ispirare le persone. Viviamo in una società che non ti aiuta a scoprire chi sei, anzi, ti fa credere che, per essere felici, devi fare questo o quello.

È diventato un mental coach?
La società mi definirebbe così. Preferisco dire che ho capito che la mia strada è condividere tutto quello che ho imparato in questi anni, per aiutare le persone a trovare il loro potere interno. Che poi è anche il senso del libro che ho scritto. Tengo inoltre dei corsi e, a breve, organizzerò degli eventi live ma, ci tengo a sottolinearlo, senza creare mai dipendenza. A differenza di quello che accade nella religione, io non lego nessuno a me: do una mano alla gente per poi dire “Ok, ora cammina da solo.

Immagino che non lo faccia pro bono dei.
Come in qualsiasi percorso la differenza la fa la singola persona: anche il più bravo personal trainer non potrà mai aiutare se l’interessato non esegue gli esercizi. L’impegno lo devi mettere tu. Noi occidentali diamo un grande valore al soldo che è il mezzo con cui stabiliamo di impegnarci. Se pago, metterò tutto me stesso in quello che farò.

Lei è passato attraverso un incidente quasi mortale, due ictus, le delusioni lavorative, le dure crisi economiche e la depressione. Ma la felicità esiste?
L’universo ci aiuta mandandoci dei segnali: la vita non accade a me, ma per me. Se iniziamo a entrare nell’ottica che l’esistenza ci è amica, allora guardiamo in modo diverso anche le crisi. I momenti bassi, se accettati e compresi, servono per poter trovare la felicità. La felicità dipende da noi.

Come si fa a essere felici?
La prima cosa è fermarsi. Dobbiamo cercare le risposte dentro noi stessi, non al di fuori, e uno strumento fondamentale è la meditazione. Una volta che ti sei guardato dentro e hai capito quale sia la tua vera natura, devi vivertela mollando il controllo e la ricerca della fama. Il vero successo è già vivere la propria natura.

Mica facile in un’era all’insegna della mania del controllo…
È la mente che ci spinge a controllare tutto, mentre dovrebbe mettersi al servizio dello spirito: un elemento che è sempre un po’ vago per noi occidentali. Al massimo lo associamo alla religione. L’energia invece fluisce solo se non la si blocca mentalmente. I miracoli accadono quando lasci andare le cose.

Leggi l’intervista completa su Libero Quotidiano

«La strada della sostenibilità è irreversibile»

Il tema della sostenibilità e dell’innovazione secondo Federica Marchionni, ceo della Global Fashion Agenda e autrice di Una testa piena di sogni, da Il Sole 24 Ore un articolo di Giulia Crivelli.

« Ho lavorato in aziende che vivono di innovazione, ma ogni tanto mi sentivo dire di non esagerare, di non proiettarmi sempre e comunque nel futuro. Da quando lavoro con l’industria globale della moda sull’infinito tema della sostenibilità, le mie proposte, le mie idee vengono accolte, ma allo stesso tempo mi si chiede sempre di spingermi oltre, di osare ancora di più. Mi sembra quasi di sognare, tanto mi è congeniale questo modo di lavorare ».
In realtà, di sogni ne ha già fatti e realizzati molti Federica Marchionni, da pochi mesi ceo del Global Fashion Agenda (Gfa), la più importante organizzazione no profit sulla comunicazione della moda sostenibile. Il suo debutto è stato il mese scorso al summit di Copenhagen, dove vive (si veda Il Sole 24 Ore del 15 ottobre), ma torna spesso in Italia, anche per parlare, specie con platee di giovani, del libro autobiografico uscito il 22 ottobre, Una testa piena di sogni (ROI Edizioni). Federica Marchionni ha “solo” cinquant’anni, ma una lunga carriera di manager di aziende assolutamente profit, al contrario del Gfa: è stata vicepresidente di Ferrari, presidente di Dolce &Gabbana Usa, nonché prima donna italiana al vertice di una società quotata a Wall Street, il gruppo di abbigliamento outdoor Lands’End.

« Bisognerebbe prima chiarire standard di valutazione e misurazione, perché l’industria globale della moda è un universo estremamente variegato, ma non sbagliamo se diciamo che consuma molte risorse, energia e materie prime – spiega Federica Marchionni-. È però altrettanto vero che ogni anello delle diverse e lunghissime filiere del sistema, più o meno globalizzate, è consapevole della necessità di un cambiamento e disponibile a investire risorse economiche e culturali per farlo avvenire ».

Niente bla bla bla, insomma? « Summit come quello di Copenhagen, ma anche G20 e Cop26, non sono mai solo parole o proclami. Nel caso dell’industria della moda gli stimoli vengono però da ogni direzione: dai consumatori, specie i più giovani, agli investitori finanziari – aggiunge la ceo della Global Fashion Agenda -. Chi sta in mezzo, le aziende che producono e distribuiscono, devono trovare soluzioni innovative alle nuove esigenze. Di una cosa sono certa: il processo è irreversibile e ogni singolo passo avanti è positivo. Anzi, va bene pure fare due passi avanti e uno indietro, quello che conta è la direzione ».

Leggi l’articolo su Il Sole 24 Ore

Riccardo Pittis: «Un leader è chi aiuta quelli che ha intorno a crescere, questo è il suo valore»

Cosa ti porti a casa da questo forum?
Partiamo da una premessa: questo Forum, in particolare secondo me, assume un’importanza di rilievo proprio perché, in un periodo come questo, potersi ritrovare in una bellissima cornice come il Teatro degli Arcimboldi già ha un’importanza a sé. Poi come tutti i Forum, per il mio lavoro, che è appunto quello di coach, di speaker motivazionale, c’è sempre qualche ottimo spunto da prendere per portarlo a casa, farlo proprio e poi metterlo a terra per essere utilizzato nella mia professione.

Cos’è per te la leadership?
Un leader ha tante definizioni. Forse quella che per me è più importante è questa: un leader è tale nel momento in cui aiuta tutti quelli intorno a sé a crescere. Quello è il suo vero valore, quello è il valore aggiunto che può apportare un leader a qualsiasi tipo di organizzazione, ai suoi collaboratori e a se stesso, ovviamente, quasi come una conseguenza.

Quali sono le tue letture preferite?
Le mie letture sono concentrate soprattutto in quello che è il mio ambito lavorativo e in tutti quei campi in cui riesco a trovare degli spunti che possano permettermi di migliorare e di crescere come coach e come speaker. In particolare, in questo momento, ho appena finito di leggere un libro di Paolo Borzacchiello sulla comunicazione, sul linguaggio, sull’utilizzo delle parole, e ne ho appena comprato un altro, quindi evidentemente mi era piaciuto. Qui al Forum ho lo zaino che pesa il doppio rispetto a quando sono arrivato proprio perché ho fatto incetta di libri.

Hai mai pensato di scrivere un libro?
Sì, ci ho pensato, e no, non l’ho ancora scritto. Ma prometto qui, e quindi anche solennemente, che, qualora ne dovessi scrivere uno, lo farò con voi.

Addio a Ram Dass, maestro spirituale e pioniere dell’LSD

Ram Dass

Ieri sera Ram Dass se ne è andato serenamente, all’età di ottantotto anni, nella sua casa a Maui.

ROI Edizioni ha pubblicato quest’anno il libro, Essere amore, in cui Ram Dass ha ripercorso alcuni dei passi fondamentali della sua storia e del suo lungo cammino sul sentiero dell’amore universale.

Ram Dass, al secolo Richard Alpert, è stato una delle più importanti voci della controcultura americana e una preziosa guida spirituale. Ha contribuito in maniera fondamentale a portare in Occidente i concetti e le predicazioni delle principali tradizioni filosofiche e spirituali orientali, operando una personale sintesi fra buddhismo, induismo, tradizioni vediche, sufismo e, nell’ultimo periodo, anche misticismo ebraico. 

Mentre era al picco della sua carriera come ricercatore in psicologia ad Harvard, sul finire degli anni Sessanta, l’incontro con LSD e psilocibina, e le sperimentazioni condotte insieme al collega Timothy Leary sugli effetti di queste sostanze, gli costano il posto in università. Ma gli fa provare per la prima volta il contatto con un diverso stato di coscienza, una profonda connessione con il sé interiore e una rinnovata consapevolezza del mondo.

Deluso dalla transitorietà delle alterazioni provocate dagli psichedelici, Alpert si reca in India dove la sua vita prende una piega inaspettata. L’incontro con il guru Neem Karoli Baba, detto Maharaji-ji, lo introduce alla pratica della meditazione e lo aiuta a individuare l’amore e il servizio per gli altri come strada per la vera realizzazione del sé e come via per la connessione con il mondo e con tutti gli esseri viventi.

Inizia così il percorso di Ram Dass (servitore di Dio, nome che gli ha dato Maharaji-Ji), fatto di libri che hanno venduto milioni di copie, di fondazioni che hanno lo scopo di diffondere gli insegnamenti di Maharaji-ji e di aiutare gli altri, di film e documentari (di cui l’ultimo uscito in questo inverno negli Stati Uniti, Becoming Nobody). Ram Dass e le sue iniziative hanno lasciato un segno profondo nella cultura a livello mondiale ed è stato uno dei più importanti e vivaci maestri spirituali dei nostri tempi.

Innovare davvero: l’antidoto di Alf Rehn a uno tsunami di chiacchiere e frasi ad effetto prive di significato

Alf Rehn e Sebastiano Zanolli

La prima volta che al Professore Alf Rehn venne offerta la possibilità di parlare di innovazione, da parte di una grande società tecnologica statunitense, stava per rifiutare. Credeva che, pur con la sua esperienza, parlare a una platea di innovatori lo avrebbe messo a rischio di apparire superficiale; “passare per un cretino”, per dirla con le sue parole.

Dopo la prima giornata il risultato fu però diverso: andò tutto benissimo. Tutti sembravano in perfetta sintonia con i suoi discorsi, i suoi esempi, i suoi grafici.

Il secondo giorno, un po’ deluso, pensò di osare e fare allora qualcosa di completamente diverso.

Per ben venti minuti, parlò ai presenti utilizzando volutamente tutte le frasi fatte che girano nel campo dell’innovazione e che solitamente non significano niente. Anzi, fece di più: creò un discorso in cui tutte queste frasi e concetti si mescolavano in maniera paradossale e senza alcun senso compiuto.

“Dobbiamo disgregare la trasformazione e trasformare la disgregazione!”, “trovare gli spazi bianchi negli oceani blu”, “e per questo dovete essere quello schema fuori dal quale dovete pensare!”

Anche questa volta però, come forse il professore aveva previsto, non successe niente: tutti sembravano attenti, interessati e prendevano appunti.

Qualcuno addirittura, esortato dal professore, si offrì di sintetizzare quanto detto sin a quel momento. Salvo desistere sconsolato, qualche minuto dopo, rendendosi conto che non vi era alcun filo conduttore.

Fu lì che Alf Rehn ammise che il discorso era volutamente un cumulo di scemenze e che sarebbe rimasto davvero sorpreso se i suoi appunti avessero avuto anche solo un minimo di senso.

Il colpo di scena arrivò però dopo, con la risposta dei presenti: “Ma sembrano le stesse cose che dicono tutti gli altri.”

In questa divertente scena, che apre il libro Innovare davvero, è fotografata alla perfezione la situazione: “Prima, innovazione significava davvero qualcosa, ma oggi anche i più perspicaci si fanno ingannare dagli slogan roboanti, dagli atteggiamenti fini a se stessi e dalla verbosità. Il problema non è che i manager a cui ho fatto quel discorso fossero stupidi. È che si erano talmente abituati, come molti di noi, al linguaggio superficiale in tema d’innovazione, da non saper più distinguere nemmeno loro la parodia dalla realtà. Così come è diventato difficile dire quali aziende della Silicon Valley sono vere startup e quali sono imitazioni grottesche degne del canale televisivo Comedy Central, il coro di voci inneggianti che circonda oggi l’innovazione è pressoché indistinguibile dalle satire che la circondano.”

Il senso e lo scopo dell’innovazione

Innovare davvero, spiega perché l’innovazione è diventata qualcosa di ordinario e di superficiale e cosa possiamo fare per rimediare. All’interno del libro, manager, imprenditori e “innovatori seriali” (Alf Rehn credo approverebbe) potranno trovare e riconoscere come familiari tutte quelle insidie pronte a svuotare di senso e significato il cambiamento e su cosa invece puntare.

“Per avere successo, le aziende devono riflettere di meno sull’innovazione in generale e di più sullo scopo delle loro attività d’innovazione.”

La nostra società sta andando verso una profonda perdita di senso. Avviene nelle organizzazioni: solo il 15% dei dipendenti sono pienamente coinvolti nel proprio lavoro, mentre gli altri sono solo parzialmente coinvolti o totalmente distaccati. Avviene nelle nostre vite: la società liquida ha messo a dura prova le nostre esistenze, e “trovare senso e significato”, come ha osservato anche Yuval Noah Harari sembra essere la vera sfida del ventunesimo secolo.

In uno scenario di questo tipo, l’innovazione sembra non solo sottovalutare il problema ma insistere clamorosamente. Siamo bombardati da uno “tsunami di chiacchiere vuote sull’innovazione” ma anche da uno “tsunami” di cose nuove e prive di significato.

Di milioni di app sui nostri dispositivi, quante servono DAVVERO?

“Il CEO di Kellogg’s è arrivato addirittura a dichiarare che un nuovo gusto (al burro di arachidi) aggiunto alla gamma di Pop-Tarts, un prodotto che esisteva da oltre cinquant’anni, si doveva considerare un’innovazione.”

La strada da seguire è dunque quella di anteporre lo scopo, il senso e il significato alla volontà e tendenza di fare cose nuove.

Un buon esempio, come esposto nel libro, è “Bempu, un’azienda specializzata nell’assistenza sanitaria ai neonati che opera prevalentemente in India. Il suo prodotto più rappresentativo è un braccialetto elettronico a basso costo che monitora la temperatura corporea dei bebè nei loro primi mesi di vita. In realtà è un sistema di segnalazione precoce dell’ipotermia, che nel Terzo Mondo uccide migliaia di neonati e può compromettere lo sviluppo di quelli che sopravvivono.”

Pornografia

Il libro di Alf Rehn segna chiaramente la differenza tra chi scrive un libro per diventare famoso su un determinato argomento e chi scrive un libro su un argomento perché ha maturato una reale esperienza nel campo. Il libro di Alf Rehn rientra nel secondo caso e mina in modo dissacrante quanto efficace le inutili certezze di conferenzieri e pseudo guru, non soltanto del campo dell’innovazione.

Ho avuto la fortuna di incontrarlo di recente, in occasione del Leadership Forum di Performance Strategies, e di confrontarmi con lui su diverse tematiche, trovandomi quasi sempre d’accordo. Un punto che reputo fondamentale, che Rehn tratta parlando di innovazione, ma va ben oltre il campo ed è da allargare a tutto ciò che permea le nostre vite, è quello legato alla DENARRAZIONE.

La denarrazione è un concetto caro a Nassim Taleb. Un termine con il quale esorta le persone a “individuare la differenza tra il sensazionale e l’empirico”. Distinguere cioè il campo della pubblicità (e di molti libri) da quanto avviene nella vita reale.

Alf Rhen ha trovato un modo strepitoso per descrivere quanto avviene oggigiorno: siamo una società pornografica.

“La pornografia mira a raccontare storie semplificate e, appunto, ripulite, sul sesso. Questo perché nel mondo reale il sesso può essere una cosa molto complessa e complicata. Nel mondo reale le persone hanno inibizioni ed emicranie, per non parlare di impegni lavorativi pressanti e figli di cui prendersi cura. Nella pornografia non c’è nulla di tutto questo. In quel mondo fittizio tutti sono belli e tutto è bello. In altre parole, la pornografia è straordinariamente e meravigliosamente irrealistica. (…) Trattiamo spesso l’innovazione esattamente in questo modo: quasi tutti i casi proposti dalla letteratura sull’innovazione vengono presentati in uno stile tipicamente pornografico.”

Qualcuno ha un’idea geniale, la espone al capo, il capo apprezza e ne loda l’ingegno, le persone sono entusiaste di dare il loro contributo, il mercato apprezza.
L’innovazione è invece diversa.
La realtà è diversa.
La vita reale richiede saper denarrare.
E lo richiede anche “Innovare davvero”.

Pubblicato nel blog di Sebastiano Zanolli, La grande differenza

Marianne Williamson, un’icona della spiritualità moderna

Marianne Williamson

Negli anni Ottanta Marianne Williamson è stata la persona che ha maggiormente approfondito lo studio di un libro allora famoso tra molti di noi, Un corso in miracoli, di Helen Schucman e William Thetford. Ed è stato così che, nel 1983, ha iniziato a tenere delle conferenze a piccoli gruppi di persone su questo tema.

Poi è successo qualcosa di particolare: ciò che era iniziato solo per caso pian piano si è trasformato in un impegno di vita. Negli ultimi trentacinque anni Marianne ha scritto oltre quattordici libri, tra cui diversi bestseller mondiali, e fondato due organizzazioni no profit, come Project Angel Food, un servizio che a Los Angeles porta gratuitamente i pasti a domicilio ai malati di Aids costretti a letto. Ha anche tenuto un numero infinito di sermoni e discorsi, partecipato a migliaia di summit e conferenze internazionali, è stata spesso ospite nel famoso programma di Oprah Winfrey, ha tenuto centinaia di corsi, fatto sessioni individuali a decine di migliaia di persone. In breve, è diventata un’icona della spiritualità moderna.

Al di là di tutto questo, ciò che mi ha sempre colpito in Marianne è il suo attivismo appassionato e il suo desiderio di creare un mondo che rifletta le verità spirituali. Si è persino candidata alle presidenziali degli Stati Uniti nel 2020, sostenendo una politica basata sull’amore e non sulla paura, sulla libertà e non sull’oppressione, sulla pace e non sulla guerra, sull’inclusione anziché sulla separazione. In generale, negli ultimi decenni Marianne ha fatto tantissimo per far progredire la consapevolezza personale e sociale. Ha aperto le porte della coscienza umana innalzandola verso i valori spirituali, portando messaggi di pace e di speranza.

È per questo che sono molto felice e onorata di aprire la collana sulla spiritualità che curo proprio con un libro di Marianne.

Dalle lacrime alla luce è un titolo autoesplicativo: è esattamente il percorso attraverso il quale il libro guida il lettore.

Sarebbe meraviglioso se la vita fosse composta solo da emozioni positive: gioia, entusiasmo, allegria, giocosità, serenità, felicità. Ma forse non sarebbe la vita. La vita è fatta anche di momenti difficili, di salite ripide, di momenti bui.

Ma come affrontiamo quei momenti? Questo è ciò che fa la differenza nella nostra vita. Siamo in grado di comprendere la sofferenza? Di accettarla pur senza rassegnarci? Di farla passare attraverso di noi per trasformarla?

I demoni personali che emergono dall’antro buio dell’infelicità non possono semplicemente essere “trattati”, ma sono da dissolvere nella luce della consapevolezza di sé. Infatti, non si tratta di dimenticare, ma di dare un altro significato a ciò che ci è accaduto. Qualsiasi dolore, tradimento, fallimento, è stata un’occasione per crescere. Non possiamo negare il dolore, però possiamo trascenderlo.

Una tale comprensione della sofferenza ci permette di uscire dall’idea infantile che qualunque esperienza dolorosa sia di per sé assolutamente negativa. È il modo in cui rispondiamo alla sofferenza a determinare se questa diventerà per noi un allenamento per rafforzare i nostri muscoli emotivi e mentali o una stampella per l’inerzia e la passività.

Infatti, come ci suggerisce Marianne, i periodi di sofferenza non sempre sono deviazioni nel viaggio verso la luce, ma possono rivelarsi soste fondamentali lungo il cammino.

Buon viaggio e buona lettura!

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