Stress, ansia, concentrazione: come migliorare in cinque passi

In campo e nella vita, nello sport e in azienda. Claudio Belotti spiega sul Sole 24 Ore come imparare a gestire se stessi e i propri obiettivi.
6 Aprile 2020
Boxe femminile Foto di Derwin Edwards da Pexels
Boxe femminile Foto di Derwin Edwards da Pexels

Il Sole 24 Ore pubblica un’intervista a Claudio Belotti, autore del libro Gli stadi del successo. Ecco di seguito una parte dell’intervista di Serena Uccello.

Cinque, ovvero cinque passi nello sport come nella vita per contenere lo stress, gestire la concentrazione e l’ansia, puntare dritti ai propri obiettivi. Un percorso di grande attualità soprattutto in questo momento, in cui spesso vita e lavoro si fondano e le dinamiche dell’ansia impattano in modo più dirompente sulla qualità dell’una e dell’altro. Abbiamo chiesto a due “allenatori” di guidarci. Ed eccoli, sono due coach, uno nello sport ed è Francesco Chiappero, allenatore di molti campioni in particolare di atleti disabili, il più famoso Alex Zanardi, e fondatore di Reaction; l’altro è colui che ha introdotto il Coaching in Italia dagli Stati Uniti: Claudio Belotti, fondatore della società Extraordinary (“Perché tutti in qualche modo siamo straordinari, tutti abbiamo un talento”, dice). Iniziamo, dunque, con Chiappero e Belotti questo ideale percorso di auto-training.

Primo passo: chiarezza sul desiderio. Ovvero la risposta alla domanda: cosa vogliamo. Dice Chiappero: “Bisogna avere un obiettivo chiaro, uno-due obiettivi, al massimo, all’anno. E poi selezionare quelli più piccoli, diciamo così di secondo livello, che servano anche a testare quelle abilità necessarie al raggiungimento del macro-risultato. Dopo, si procede con l’organizzazione del lavoro, cioè con la programmazione”. Obiettivo chiaro e fedeltà alla tabella di marcia: “L’aspetto più complicato è restare fedeli al piano di lavoro che ci si è fissati. La tentazione di derogare o rinviare è sempre in agguato. Quindi mantenere la forza emotiva e il convincimento di stare facendo la cosa giusta”, aggiunge Belotti.

Secondo passo: la motivazione. “Il divertimento è fondamentale”, dice Chiappero. “Tuttavia l’accettazione di un programma di lavoro, che può essere massacrante, funziona se gli obiettivi stimolano l’immaginario”.

Terzo passo: il ruolo dell’allenatore: “Io indico solo la strada, affianco l’atleta, è lui a vincere”. Al lottatore, dunque, la fatica dello scontro, all’allenatore la responsabilità della strategia. E il dono della lucidità, esattamente come al coach in azienda. “È il motivo per cui mi chiamano”, prosegue Belotti. “Hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a migliorare il risultato, non perché quel qualcuno sia più bravo di loro, ma perché dal bordo del campo si può vedere meglio quello che accade dentro”. A volte si tratta di aiutare semplicemente a riordinare le idee: rispondere alle domande costringe alla chiarezza. “Il coach è anche questo, è uno specchio, ci fa scorgere ciò che da soli non riusciamo a vedere”. Uno specchio che quando serve ci restituisce anche il limite: un limite.

Continua a leggere l’intervista a Claudio Belotti sul sito del Sole 24 Ore

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