Impara dagli astronauti, la ‘ricetta spaziale’ anti-invecchiamento

Filippo Ongaro, medico di Samantha Cristoforetti, coach sulla Terra nel suo libro 'Vivere a pieno', intervistato da AdnKronos
22 Luglio 2017
filippo ongaro

Il sito di AdnKronos pubblica un’intervista a Filippo Ongaro in occasione dell’uscita del suo libro Vivere a pieno. Pubblichiamo una parte dell’intervista

La dieta giusta, l’allenamento fisico costante, la gestione dello stress, l’utilizzo intelligente degli integratori alimentari. Filippo Ongaro, dal 2000 al 2007 medico degli astronauti presso l’Agenzia spaziale europea Esa, autore nel 2014 del menù che Samantha Cristoforetti ha seguito in orbita, li chiama “i 4 fondamenti della salute”. Pilastri di una vita lunga e sana, fra le stelle e sulla Terra. “Ci sono tanti parallelismi tra gli astronauti e noi tutti”, spiega il coach del benessere all’AdnKronos Salute in un’intervista sul suo ultimo libro, Vivere a pieno (Roi Edizioni). “Una vita, un’opportunità. Non sprecarla. Impara a viverla a pieno”, è il senso dell’opera. Un manuale che in 190 pagine insegna “scienza e pratica per raggiungere salute, prestazione e felicità”.

Classe 1970, nato a Milano e cittadino del mondo per seguire il papà giornalista, Ongaro si è laureato in Medicina a Ferrara dove è entrato nella Scuola di specializzazione in Medicina dello sport. Da lì, giovanissimo, “sono stato proiettato direttamente ‘nello spazio’ – racconta – attraverso uno scambio con la Deutsche Sporthochschule di Colonia, in Germania“. Un viaggio di sola andata, “perché mi hanno chiesto di restare e così sono diventato il medico degli astronauti”. Fra i suoi adepti Roberto Vittori, che “ho seguito passo passo nella sua prima missione con i russi”. E poi ‘Astrosamantha’ “che è diventata mia paziente prima di essere astronauta, quando stava in Aeronautica” con base vicino a Treviso dove Ongaro dirige l’Ismerian, Istituto di medicina rigenerativa e anti-aging. Milleduecento metri quadrati dedicati alla lotta hi-tech contro l’invecchiamento.

“Quando poi Samantha, che ha numeri da vendere – sottolinea l’esperto – è stata selezionata per la sua prima missione spaziale, mi ha chiesto di lavorare al suo programma nutrizionale ‘ripescandomi’ come consulente anche se io non lavoravo più per la Stazione internazionale Iss. È stato un esperimento molto interessante anche sul piano tecnologico, che ha permesso di sviluppare cibi molto naturali, ma conservabili a lungo”. Niente ‘beveroni’ o alimenti ‘in pillola’: “Oggi – precisa il medico – gli astronauti mangiano cibi veri, che prima di partire testano e scelgono anche in base ai propri gusti (nello spazio così come sulla Terra la gratificazione è un aspetto chiave per limitare lo stress), che vengono preparati in scatolette o pacchetti e poi reidratati a bordo”.

La prima cosa che la medicina ‘terrestre’ può mutuare da quella ‘spaziale’ è “il concetto di contromisura”, dice Ongaro. La premessa è che fluttuare in assenza di gravità non è una passeggiata di salute: “Sei mesi in orbita corrispondono grosso modo a 10 anni sulla Terra e il compito principale del medico di equipaggio è contrastare questo processo di invecchiamento accelerato”. Le conseguenze sono “una pesante perdita di forza e di massa ossea e muscolare, che senza un programma personalizzato di contromisure porterebbe piuttosto rapidamente l’astronauta vicino a una condizione di osteoporosi”. Ma “la perdita di forza muscolare è uno dei problemi centrali per l’invecchiamento di tutti noi a Terra”, avverte l’esperto. Eppure, osserva, “mantenere sano il patrimonio di muscoli che la natura ci dà è sicuramente uno degli aspetti più trascurati“.

Per questo “uno degli insegnamenti principali che possiamo estrapolare dalla medicina spaziale è proprio quello della contromisura”, ribadisce Ongaro. Il secondo comandamento è “partire il prima possibile, meglio da giovani. Il nostro patrimonio di salute – ammonisce infatti il medico – si mantiene abbastanza intatto fino ai 35-40 anni, poi cominciano delle evoluzioni esponenziali e piuttosto rapide”. Dunque “l’ideale è intercettare la persona al picco della sua salute, fare una ‘fotografia’ dettagliata delle sue caratteristiche biochimiche, funzionali e volendo anche genetiche, intorno alle quali disegnare un percorso su misura che punti a mantenere queste condizioni il più a lungo possibile”.

La ‘ricetta spaziale’, descrive Ongaro, “è fatta da un insieme di prescrizioni personalizzate che parte dall’alimentazione e passa attraverso l’attività fisica, le tecniche di rilassamento e l’uso intelligente di alcuni integratori alimentari per contrastare microcarenze nutrizionali che possono essere anche molto diffuse”. Per gli astronauti tutto ciò si traduce in “un’alimentazione onnivora o che assicuri comunque l’apporto di tutti i macronutrienti, tarata sulle esigenze metaboliche, ossee e muscolari”. La dieta viene abbinata a “tecniche anti-stress, per contrastare l’impatto psichico che può avere una permanenza in orbita di almeno 5-6 mesi”, e a “un serio programma di attività fisica nella palestra ad alta tecnologia della Stazione internazionale: 2 ore al giorno bloccate per fare allenamento”.

Continua a leggere l’intervista completa sul sito di AdnKronos

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