Qual è la nostra unica via d’uscita? Continuare a camminare, per centinaia di chilometri, in quell’ambiente ostile, finché Brian non verrà a prenderci, dopo 33 giorni. Nel corso del nostro vagare, andremo alla ricerca di un leggendario branco di caribù, un esercito migrante di fantasmi, ognuno dei quali pesa 200 chili, che vagano silenziosamente nella tundra artica, con i loro palchi nodosi, lunghi più di un metro, che emergono nella nebbia ghiacciata, per poi scomparire quando il vento cambia […].
Una gran quantità di studi, radicalmente nuovi, mostra che le persone danno il meglio di sé – sono fisicamente più resistenti, mentalmente più forti e spiritualmente più solide – dopo aver sperimentato gli stessi disagi a cui erano esposti ogni giorno i nostri primi antenati. Gli scienziati stanno mostrando che alcune di tali difficoltà ci proteggono da problemi somatici e psicologici, come l’obesità, le malattie cardiovascolari, i tumori, il diabete, la depressione, l’ansia, e anche da questioni ben più fondamentali, come la percezione dell’incapacità di trovare dei significati e degli scopi nella vita. Ci sono molti modi, diciamo “meno impegnativi”, per accedere ai benefit garantiti da un certo genere di disagio. Tante opportunità che una persona potrebbe facilmente cogliere, nella propria vita quotidiana, per migliorare la mente, il corpo e lo spirito. Ma questo viaggio rappresenta un’interpretazione estrema di quello che i ricercatori che afferiscono a una moltitudine di discipline ritengono che dovremmo introdurre nella nostra quotidianità. Si tratta in parte di una rinaturalizzazione, in parte di un ricablaggio. I vantaggi che riserverà mi paiono onnicomprensivi.