Mentre eravamo a tavola, ho rotto il ghiaccio dicendole: “Mi spiace se ti ho offesa ieri sera, stavo solo scherzando.” Evidentemente, però, le mie scuse senza scuse non erano sufficienti. Mi ha detto che era arrabbiata per come l’avevo trattata e che sentiva che non stavo scherzando. Sentiva che quanto avevo detto affondava le radici in una sorta di risentimento negativo. Ho sentito le sue parole risuonare in me. E mi sono vergognata ancora di più. Piena di vergogna, avevo due possibilità. Potevo continuare a difendermi e a presentarle scuse vaghe, oppure potevo capire perché avessi espresso quel giudizio. Non sapevo quale direzione prendere, così ho pregato. In silenzio, ho chiesto allo spirito di intervenire in mio aiuto.
Mentre ero in silenzio, lei ha ripreso: “Sai, le tue parole mi hanno sconvolta perché mi vergogno molto di attirare l’attenzione degli uomini.” Poi ha continuato raccontandomi di aver recuperato di recente alcuni difficili ricordi rimossi che risalivano all’infanzia e che la facevano sentire in colpa perché suscitava l’attenzione degli uomini. Ecco il momento miracoloso. Ero seduta di fronte a quella donna innocente e ho cominciato a raccontarle che solo tre mesi prima anch’io mi ero ricordata di un trauma infantile. Ho ammesso che per più di trent’anni avevo vissuto la sessualità con sentimenti di colpa e di vergogna. E in quel momento ho potuto osservare la mia ferita. Mi sono scusata pienamente e sinceramente e ho detto: “La tua libertà sessuale ha suscitato in me vergogna. Mi ha fatto sentire come se non fossi abbastanza brava e come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me. Ecco perché ti ho giudicata.” In quel momento, abbiamo rivelato la verità e riconosciuto le nostre ferite. Eravamo in piedi, nella sala della colazione piena di gente, e ci siamo abbracciate piangendo. Piangevamo per i nostri traumi infantili, per la nostra innocenza perduta e piangevamo anche di gioia per la guarigione che stavamo ricevendo.