Gli uomini di marketing di successo si limitano a raccontare storie a cui i consumatori vogliono credere. Quello che state leggendo è un libro sulla psicologia della soddisfazione. Sono convinto che tutti quanti noi ci raccontiamo delle storie e facciamo il possibile perché queste storie si avverino. Con il termine “storia” intendo una menzogna a cui il consumatore crede. Sono convinto che non appena troviamo una menzogna straordinaria dalla cui diffusione possiamo trarre beneficio, molto egoisticamente la raccontiamo agli altri, dopo averla infiorata per bene. Una buona storia (raccontata dal marketing o dal consumatore) è l’elemento da cui nasce la soddisfazione del cliente, è la fonte della crescita e del profitto, il futuro stesso dell’organizzazione. Non è importante chi racconti la menzogna, ma è importante che si crei il collegamento e che la storia sia raccontata bene.
Questo sembra un libro sulla menzogna. Paradossalmente, è invece un libro che parla di verità, raccontata e vissuta. L’unico modo per rendere credibile la vostra storia, l’unico modo per indurre il consumatore a mentire a se stesso, l’unico modo per far sì che la vostra idea si diffonda consiste nel dire la verità. E si dice la verità quando si è capaci di vivere in prima persona la storia che si racconta, ossia quando essa è autentica. Le migliori storie diffuse dal marketing sono storie vere. Per averne conferma basta partecipare alle riunioni di product development di Nike, assistere alle sessioni di registrazione del Blue Note o trascorrere un po’ di tempo in compagnia del telepredicatore Pat Robertson: nessuno di costoro si propone di orchestrare nuovi complotti per raggirare il consumatore o per ingannare il pubblico, ma semplicemente vive la storia che racconta agli altri. In sintesi: prima ancora di mentire agli altri si mente a se stessi. L’ingranaggio che fa funzionare l’intero meccanismo è questo: la dedizione completa nei confronti della storia e la capacità di farla propria.