Amanda Montell

I meccanismi nascosti della mente

Un invito a riflettere sui processi mentali che quotidianamente invadono i nostri pensieri e le nostre riflessioni e a trovare un po' di serenità nel caos della vita moderna.

Dovevo trovare il bandolo della matassa. Dovevo capire in che modo questi trucchetti mentali che facciamo a noi stessi si combinano al sovraccarico di informazioni dando vita a un esperimento di chimica impazzito: Mentos e Diet-Coke.
La mente umana illude se stessa fin dagli albori del processo decisionale. La quantità di input provenienti dal solo mondo naturale è sempre stata eccessiva per poterla gestire; classificare il colore e la forma esatti di ogni ramoscello avrebbe richiesto più di una vita intera. Quindi, i cervelli dei nostri antenati si sono inventati delle scorciatoie che consentivano di comprendere l’ambiente circostante quanto bastava a sopravvivere. La mente non è mai stata razionale in assoluto, quanto piuttosto razionale nella gestione delle risorse, ossia orientata a conciliare fra loro tempo finito, capacità di memoria limitata e il caratteristico desiderio di dare un senso a ciò che accade. Nel corso del tempo, la quantità di particolari da elaborare e di decisioni da prendere è esplosa come una fontana di coriandoli o di schegge di proiettile. Non possiamo certo pensare di rimuginare su ogni dato quanto vorremmo. Di conseguenza, tendiamo ad affidarci ai trucchi astuti dei nostri antenati, che ci vengono così automatici da non esserne quasi mai consapevoli.
Di fronte a un improvviso eccesso di informazioni, i bias cognitivi spingono la mente moderna a pensare troppo, o troppo poco, alle cose sbagliate. Torniamo ossessivamente sulle stesse paranoie (perché Instagram mi suggerisce di seguire il mio ex capo tossico? Non sarà che l’universo mi odia?) e invece prendiamo alla velocità della luce decisioni complesse che esigerebbero più attenzione. Ho provato più di una volta il senso di disorientamento tipico di quando ci si ritrova in una disputa intellettuale online e alla fine si ha la sensazione fisica di aver usato tattiche di combattimento più adatte a un predatore del Neolitico che a una discussione teorica.

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