Amanda Montell

I meccanismi nascosti della mente

Un invito a riflettere sui processi mentali che quotidianamente invadono i nostri pensieri e le nostre riflessioni e a trovare un po' di serenità nel caos della vita moderna.

La mia ossessione per l’irrazionalità moderna ha preso piede mentre stavo scrivendo un libro sulle sette. Era il 2020 ed esplorare l’influenza che avevano avuto nel pasticcio esistenziale di quell’anno ha gettato nuova luce sulle molte sfaccettature dello squilibrio mentale del ventunesimo secolo. Con il nuovo millennio, l’umanità aveva costruito un mega centro commerciale stracolmo di modi di dissociarsi nuovi e bizzarri. Teorie del complotto del tutto marginali erano diventate opinione comune. L’adorazione delle celebrità aveva raggiunto vette deliranti. I fan adulti della Disney e i trumpiani d’assalto erano ubriachi fradici di nostalgia, persi in chimere del passato. Di false credenze ce n’erano per tutti i gusti, da quelle eccentriche a quelle belliciste, ma una cosa era certa: la nostra presa condivisa sulla realtà era saltata.
Ai miei occhi, l’unica spiegazione sensata per questo trip mentale di massa aveva a che fare con i bias cognitivi: schemi di pensiero auto ingannevoli che si sono sviluppati a causa dell’incapacità del nostro cervello di elaborare le informazioni provenienti dal mondo che ci circonda. Nel corso dell’ultimo secolo le scienze sociali hanno descritto centinaia di bias cognitivi, anche se il “bias di conferma” e la “fallacia dei costi irrecuperabili” erano i due che saltavano fuori più spesso nella mia ricerca. Mi è bastato dare una scorsa ad alcuni di questi studi per mettere a fuoco buona parte dell’illogicità del nostro tempo, da gente con un master che decide i propri impegni sociali in base alla posizione di Mercurio, ai vicini di casa che decidono di non vaccinarsi perché una YouTuber in pantaloni palazzo ha detto che il vaccino rischia di “degradare il nostro DNA”. I bias cognitivi spiegavano anche una marea delle mie stesse irrazionalità, scelte personali che non avrei mai potuto giustificare, come la decisione, a vent’anni, di portare avanti una relazione che sapevo mi avrebbe fatto soffrire, o la mia tendenza a fabbricare nemici online sulla base di conflitti inventati da me.

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