La paura ha paura del tuo coraggio. Infatti arretra, se ne va guardandoti con occhi rossi, folli di rancore. Sarò sincero, ho allenato così tanto il mio coraggio che c’è ben poco che mi spaventi. Non voglio apparire presuntuoso, ma è così. Ma di qualcosa ho paura anche io. Gli squali per esempio. Quando andavo al mare, non riuscivo a evitare di pensare a quel film, soprattutto al largo. Fu per questo che noleggiai una barca e mi feci portare lontano dalla riva. Per farmi passare la paura non c’era altro modo che tuffarmi e tornare sulla terra ferma a bracciate. E così feci. Per tutto il tempo, come avevo previsto, la mia fantasia continuava a giocarmi brutti scherzi. Squali e blu profondo, blu profondo e squali. Ma una volta giunto a riva, gli squali erano spariti e il blu profondo mi invitava a immergermi ancora. Oggi nuotare in alto mare è uno dei piaceri che mi regalo ogni volta che posso. Per uno come me, che ama la solitudine, nuotare al largo è bellissimo. Siamo solo io… e gli squali.
È il momento. Lasciamo lo spogliatoio, cammino fra due ali di spettatori che scandiscono il mio nome a gran voce, diretto alla gabbia. Un uomo apre il cancello, salgo gli scalini e sono dentro, l’arbitro sta in piedi a ridosso della rete con le braccia conserte; il cancello si chiude alle mie spalle, la musica rimbomba nell’aria piena di elettricità, guardo negli occhi il mio avversario e tutto svanisce. Siamo solo io e lui. E il coraggio. Attirato dalla preparazione e dalla volontà di agire, il coraggio è qui con me. Il mio consiglio è: prima preparati accuratamente, poi agisci. Teoria e pratica insieme sono la formula del coraggio. Ma il coraggio di fare che cosa? In primis di decidere. Decidere chi vuoi essere, che cosa vuoi ottenere, chi vuoi diventare. Ci vuole un grande coraggio per assumersi la responsabilità di decidere della propria vita. Ma l’alternativa qual è? Trascinarsi un giorno dopo l’altro in un’esistenza senza scopo in cui saranno gli altri a dirti chi sei e cosa puoi fare? Che cosa vuoi veramente? Io volevo combattere e lasciare le case popolari, volevo farmi strada. Quando scoprii di avere un talento che si esprimeva nel combattimento, misi da parte ogni esitazione e partii alla volta dei maestri che mi avrebbero aiutato a crescere. Per farmi capire improvvisavo un portoghese maccheronico, aggiungevo “ao” e “agi” alla fine di ogni parola, come se fosse sufficiente, e poi gesticolavo come solo noi italiani sappiamo fare. In qualche modo ne venivo fuori. Entravo nelle favelas, dove tutti mi consigliavano di non mettere piede, prendevo il bus senza essere certo che mi avrebbe portato alla destinazione prefissata e andavo avanti per la mia strada. Era solo coraggio? No, era anche l’incoscienza della giovinezza, ma del resto se non rischi quando sei giovane, quando dovresti farlo? Era bellissimo. Avevo il mio perché ed era grande.
Ecco la terza via di accesso al coraggio: avere un perché, e che sia importante. Allora sottoporsi a ogni sacrificio e ristrettezza in nome del tuo obiettivo sarà più facile, perché al centro dei pensieri che ti frullano in testa nei momenti duri non ci sarà la sofferenza che stai vivendo ma il piacere che proverai un giorno, raggiungendo il tuo obiettivo.
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Alessio Sakara
Devo molto al coraggio
Quando la paura mostra le zanne e ringhia nella notte, non c’è altro da fare che andarle incontro. Allora scopri una cosa interessante. La paura ha paura del tuo coraggio.