Giorgio Nardone: «Cos’è il coraggio? Oltre a essere la paura vinta, è la responsabilità di costruire la propria vita, senza delegare a qualcun altro.»
Come vedete, questo è un meccanismo razionale, ma si tratta di una razionalità che va un po’ fuori dai canoni della razionalità normale. Dialogo con me stesso e mi pongo delle domande, le cosiddette domande strategiche: mi metto di fronte alla situazione e indago se quello che mi viene da fare mi provocherà più effetti benefici o negativi, se la mia sofferenza diminuirà o aumenterà. Se sono stato abbastanza bravo a eliminare gli orpelli dell’autoinganno, mi renderò conto che l’evitare di affrontare una determinata
situazione sarà un modo per far peggiorare la mia condizione e non per farla migliorare. In questo modo, si costruisce dentro di me una reazione spontaneamente sovversiva contro quello che mi verrebbe da fare se fossi dominato dalla paura: la paura più grande mi spingerà a superare la paura più piccola, di corsa. Come vedete, quello che sto facendo è innescare, volontariamente e razionalmente, una reazione spontanea naturale paleoencefalica. Se creo una paura più grande, dentro di me ci sarà l’allarme per quella paura più grande, che tenderà a farmi affrontare la paura in corso. Quindi non è che non si debbano utilizzare processi ragionevoli o processi razionali, quello che bisogna fare è utilizzarli per costruire qualcosa che non sia un atto di volontà, ma l’effetto a catena dell’innesco di un meccanismo. Come una palla di neve che, rotolando e rotolando, si trasforma in valanga. Quello che posso fare volontariamente è lanciare la palla di neve, non la valanga.