Dallo storytelling allo story-making: i valori di marca nel rilancio dei consumi

"Le imprese hanno il grande compito di ricostruzione della socialità, del valore economico, della comunità in senso lato" dice Andrea Fontana in un'intervista a Vita.
12 Giugno 2020
Andrea-Fontana-Ballando-con-l'Apocalisse

Vita pubblica un’intervista ad Andrea Fontana, autore di Storie che incantano e Ballando con l’apocalisse. Pubblichiamo una parte dell’articolo di Marco Dotti.

Gran parte del mondo delle aziende ha capito che deve integrare non solo nel suo discorso, quindi nella sua narrativa, ma anche nel suo story-making, che è l’agito del racconto, una tensione sociale forte. Le imprese, ci spiega Andrea Fontana in questa intervista, «hanno il grande compito di ricostruzione della socialità, del valore economico, della comunità in senso lato».

«Nulla sarà come prima» è una frase diventata luogo comune. Eppure, dopo la crisi innescata dal Covid-19, in questo luogo comune c’è davvero tanta verità. Se ne sono accorte le imprese che, sensibilissime, hanno iniziato a cambiare le proprie strategie narrative e le forme della responsabilità sociale.

Ne parliamo con Andrea Fontana, tra i più attenti e acuti osservatori di questa realtà. Sociologo della comunicazione, Premio Curcio alla cultura, docente di Corporate Storytelling all’Università di Pavia e Presidente Storyfactory, Fontana è anche autore di un libro che, uscito a febbraio, ha anticipato tempi e movimenti del presente: Ballando con l’apocalisse. I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici (Roi Edizioni, 2020).

Che cosa è successo e che cosa sta succedendo? A che punto è la notte?
Si sta verificando un cambiamento di paradigma enorme. Fino al febbraio 2020 i racconti di marca e anche i comportamenti delle aziende erano improntate su potereforzadivertimentoviaggio inteso in senso esplorativo, scoperta di sé. Si operava tramite un dualismo forte. Tutti ricordiamo pubblicità di questo tipo e racconti di marca che ponevano al centro persone impegnate in un viaggio alla scoperta di sé e alla scoperta del mondo. Prodotti e servizi venivano offerti ad un pubblico che vi riconosceva un’identità collettiva.

Questa identità collettiva, fondata sullo scambio, è venuta meno?
Nella fase più acuta della pandemia è cambiato il passo. Nei racconti aziendali hanno cominciato ad apparire i temi della cura, della gentilezza, della reciprocità, della comunità, i temi delle persone che fanno la comunità (divisi ma uniti), la prudenza. Pensiamo: quando mai la prudenza o altre call to action di questo tipo erano state introdotte nel racconto di marca? Un altro tema introdotto è stato la gratitudine, tema su cui Oscar de Montigny sta portando avanti una bella e importante riflessione. C’è stato, dunque, un radicale cambio di narrativa. Che ancora è in corso.

Le imprese sono state trattate, negli anni scorsi, come soggetti predatori. Oggi, al contrario, appare chiaro che le imprese in senso lato (imprese aziendali, imprese sociali, imprese individuali ecc.) hanno il grande compito di ricostruzione della socialità, del valore economico, della comunità in senso lato. Sono e devono essere soggetti attivi e attivatori di qualità.

Siamo entrati dunque in una nuova fase. Qual è la sfida che ci si presenta?
La grande sfida dei prossimi dodici, ventiquattro mesi sarà capire come conciliare questi elementi: la narrazione pre-Covid, la narrazione durante Covid e la narrazione post-Covid o futura. Con una precisazione: quando parlo di narrazione futura penso a una narrazione che si faccia carico di gestire le conseguenze del Covid-19. Una narrazione che sappia conciliare successo con fragilità, individualismo e comunità, forza e potere con cura e gentilezza. Sarà una bella sfida per comunicatori, brand manager, marketers. Non solo “civic brand” come qualcuno suggerisce, ma “destiny brand”, cioè marche che sappiano costruire nuovi destini di vita.

Il mondo delle aziende sembra sempre più ibridarsi con temi che, negli anni scorsi, erano appannaggio dell’universo non-profit…
Sono in corso vari tentativi di conciliare questi due mondi, forse più da parte delle aziende in verità…

… nei mesi più bui, il corporate activism è stato una realtà molto tangibile, inevitabilmente questo si è ripercosso sulla loro identità narrativa…
L’ibridazione è in corso, gran parte del mondo delle aziende ha capito che deve integrare non solo nel suo discorso, quindi nella sua narrativa, ma anche nel suo story-making, che è l’agito del racconto, questa tensione sociale forte. Questo fanno i “destiny brand”. In Italia e nel mondo abbiamo visto aziende che, nel pieno della crisi del Covid-19, hanno cercato di essere connettori con la società e con la comunità di riferimento. Al di là del business, del prodotto per se stesso o del servizio.

Continua a leggere sul sito di Vita

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